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D'Agnese Luigi e Giuriati Giovanni - Mascarà mascarà me n'a fatto 'nnamorà. Le tarantelle e i canti di Montemarano

Udine, Nota (Geos 2CD Book 565), 2011.

Per la ricca collana di “Nota” di Valter Colle è uscito quest'altro prezioso volumetto dedicato interamente al vasto repertorio canoro e musicale di Montemarano, uno dei luoghi più noti, singolari e simbolici degli studi etnografici ed etnomuscali d'Italia. Un testo di 136 pagg. accompagna 2 compact disc. L'opera assume sin dalle prime pagine la fisionomia di una summa esemplare degli studi montemaranesi, anche perché a scrivere e curarla è Giovanni Giuriati, docente di etnomusicologia all'Università “La Sapienza” di Roma, principale studioso sin dagli anni '80 della musica “tarantellara” del paese irpino. Ma l'animatore della pubblicazione è senza dubbio Luigi D'Agnese, infaticabile ricercatore locale autodidatta, che, seguendo e accompagnando l'impegno del fratello Generoso emigrato negli Stati Uniti, da anni ha anche costituito in loco un Museo Civico Etnomusicale “Celestino Coscia” e l'Associazione Culturale “Hyrpus Doctus”.


Il testo, dopo l'inquadramento geo-storico e demologico del paese e delle sue tradizioni, si concentra sul fenomeno che più ha reso notorio il piccolo centro montano dell'Irpinia: la sua tarantella. Se ne esaminano le occasioni, i luoghi e le trasformazioni storiche subite dal continuamente dinamico e ricco repertorio musicale a partire dagli anni '30 del XX sec. e poi se ne analizza il complesso meccanismo compositivo. Si passa poi ad analizzare sinteticamente ma “sapidamente” il vaso repertorio canoro, esponendo i generi per tipologia funzionale (canto a ballo, canto religioso, serenata, canti amorosi e a dispetto, canto di lavoro e canti del ciclo della vita). Segue un capitolo che traccia una breve storia egli studi e della documentazione e infine, ma occupandone l'intera seconda parte del libro, si passa alla presentazione dei singoli brani con commento, analisi comparativa e riporto dei testi. Chiude una biblico-discografia. Alla competenza della trattazione si affianca una lodevole ricerca fotografica con numerose fotografie che menzionano esecutori, momenti dell'indagine sul terreno e scavano nelle scene carnevalesche o di vita musicale della comunità. Il testo si presenta nell'elegante grafica della collana, ha a mio avviso due pecche: scarsa cura grafica delle foto (i cui originali oggi possono essere trattati e migliorati con buoni risultati) e soprattutto si parla abbondantemente della tarantella senza mai parlare di danza, pur sapendo che il suono è di supporto all'evento principale: il ballare. La tarantella di Montemarano, per tutti i risvolti evoluzionistici intrapresi negli ultimi decenni, è diventato un complesso tema che va ben oltre le specifiche analisi etnomusicologiche ed etnocoreologiche, ma diventa appetitosa questione culturale che investe e innova concezioni basilari di antropologia e di politica del turismo.
I due dischi offrono il più ampio ventaglio di “casi” musicali della comunità: il primo è dedicato alla tarantella eseguita potremmo dire in tutte le salse predisposte dalla tradizione, il secondo è riservato per i vari generi canori. La raccolta è a tutti gli effetti una preziosa antologia - la più vasta e organizzata sinora prodotta - della cultura musicale montemaranese. Peccato che molti brani risultano registrati male, vuoi per la scarsità tecnica dei mezzi usati, che per le difficoltà logistico-ambientali insite nell'indagine dal vivo in contesti in funzione. Diverse registrazioni soprattutto del secondo disco risultano distorte e sature nelle gamme sonore acute e scarse in quelle basse, tanto da infastidire l'ascolto.
Qui nasce un'urgente e improcrastinabile questione di politica culturale: anche un museo civico della remota provincia italiana con vocazione alla documentazione sonora nel proprio territorio deve avere l'opportunità di tecnologia adeguata e di competenze etnografiche valide affinché il pregiato sapere musicale venga degnamente fissato su supporti tecnici e tramandato alle future generazioni in modo dignitoso. Occasioni spesso irripetibili, che questo lavoro offre, sono turbate e avvilite dal pur rilevante fattore tecnico. Anche la cultura contadina merita una dignità tecnologica. 

[GMG]

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