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Campi

L’etnodanza.

Certamente su tutti i settori tematici di ricerca ha prevalso la specializzazione nella danza etnica. Questa, rimasta uno degli ultimi campi poco dissodati dagli studi demologici, è stata “scoperta” via via nelle sue innumerevoli forme originali e nei vari contesti di uso e provenienza in cui è stato possibile osservare le forme originali. Oltre a documentare lo stato reale di pratica attiva, si è scavato nella memoria per recuperare anche i repertori scomparsi nel corso del XX sec. mediante  riesecuzioni affidabili da parte dei vecchi danzatori.

Il mondo della tarantella meridionale è stato il primo obiettivo in ordine cronologico: tutte le regioni del sud sono state coinvolte, in ordine di intensità a partire dal 1977: la Basilicata, la Campania, la Puglia, la Sicilia e la Calabria. Subito a seguire i balli toscani e il mondo del saltarello nell’Italia centrale. Il ballo sardo nelle sue varie differenziazioni è stato perlustrato a lungo a partire dal 1987. Non sono mancate perlustrazioni nelle regioni del nord, soprattutto in occasione dei carnevali oppure attraverso la ricerca domiciliare. Brevi campagne di ricerca sono state effettuate anche all’estero (Croazia, Spagna e Francia).

Dal punto di vista tecnico, i balli, proprio perché sono stati ripresi sia in pellicola (Super 8 mm sonoro e a colori) fino al 1989, che in video (sistemi VHS, SVHS, DV, HDV). Sotto l’aspetto contestuale la documentazione può articolarsi in quattro tipologie diverse:

1) riprese di esecuzioni complete in situazioni rituali reali locali

2) riprese di esecuzioni complete in situazioni sociali appositamente organizzate per la rilevazione

3) riprese di esecuzioni parziali in momenti privati extra-festivi

4) raccolta di informazioni orali (interviste), registrazioni musicali o canore di repertori coreutici.

Della grande mole di documenti è possibile oggi desumere le trasformazioni sopraggiunte in questi ultimi decenni, le tante perdite e le resistenze delle comunità più conservative. Un archivio dunque imprescindibile e insostituibile per la conoscenza e l’analisi dei balli popolari italiani.

 

Il canto popolare

Ma molti altri campi sono stati oggetto di interesse scientifico, primo fra i quali il canto popolare. In realtà le prime campagna di indagine etnografica avevano come obiettivo principale la documentazione della poesia popolare, che si esprime principalmente attraverso il “carmen”, secondo l’antico concetto di “testo poetico musicato” .

Nel maremagnum del canto popolare, oggi un po’ dovunque in corso di rarefazione progressiva come pratica realmente vissuta nel quotidiano di ciascuna comunità, abbiamo raccolto un abbondante patrimonio multigenere. Oggi facendo un bilancio statistico del materiale depositato, è possibile formulare una statistica che traduce una gradualità di preferenze tematiche:

1) la tradizione della serenata, principalmente amorosa, più rare i canti a dispetto (a rampogna, a sbregogna, a scorno, ecc. Ampie raccolte provengono dal Gargano, dal Cilento, dalla Calabria, dalla Toscana e dalla Sardegna;

2) canti di lavoro (stornelli bracciantili, canti di protesta, canti di lotta, ecc.)

3) canti rituali di questua (“canti delle uova” in Puglia, delle maggiolate, befanate o pasquelle, in Toscana, Umbria e Marche, canti a prosciutto o a pancetta in Umbria e Marche, canti di carnevale in Basilicata, ecc.), canti della passione, ecc.;

4) canti a ballo per accompagnare tarantelle varie, tammurriate, saltarelli, furlane, veneziane, tresconi, paroncine, balli tondi sardi, ecc.

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