A.D.E. - Archivio di Documentazione Etnocoreutica
Raccolta di materiali audiovisivi, bibliografici e iconografici sulle danze, le musiche e le tradizioni popolari italiane
Dal pionierismo alla specializzazione professionale:
storia di una ricerca in Italia
Fino a circa trenta anni fa il concetto di danza tradizionale italiana risultava essere per l'opinione pubblica un insieme di luoghi comuni, spesso generici o inesatti: balli inventati o ipercoreografati dei gruppi folkloristici, balli stilizzati di carattere nella musica e la danza colta oppure le versioni della ricostruzione cinematografica o televisiva. Le radicali trasformazioni socio-culturali seguite alla seconda guerra mondiale hanno portato all'abbandono della maggior parte dei vecchi balli locali, alcuni dei quali erano rimasti in vita per diversi secoli antecedenti. Nel disinteresse generale delle istituzioni politiche, amministrative ed accademiche un grande patrimonio culturale stava perdendosi.
A fine anni '70 un piccolo gruppo di giovani ricercatori di propria iniziativa e a titolo esclusivamente volontario (talvolta in seguito a tesi di laurea universitaria), ha iniziato una ricerca paziente, per taluni episodica e per altri sistematica, in diverse zone dell'Italia per documentare l'esistenza di forme ancora in vita di danze di ambienti agro-pastorali più recondite o aspetti della tradizione del ballo urbano.
Nel frattempo, oltre alle attività pluridecennali di tanti gruppi folkloristici, si è diffusa, dapprima in ambito urbano dell'Italia centro-settentrionale, poi a macchia d'olio in vari luoghi d'ogni regione, una nuova moda: riballare fuori dai contesti originari le vecchie danze contadine per divertirsi e creare nuove forme di aggregazione sociale1. L'interesse per il ballo rurale si ferma spesso all'imitazione esteriore di moduli e strutture coreografiche e attinge dalla tradizione una certa funzione ludica del ballo popolare, ma non ha prodotto un adeguato numero di valide esperienze di ricerca sul campo e di studi. Negli ultimi tempi altri eventi hanno reso più complesso il quadro della danza popolare in Italia: "Pro loco" intraprendenti e spesso con scarsa cognizione di causa cercano di investire su questa "risorsa" culturale per soli fini turistici ed economici; effetti di un nuova forma di folk-turismo sono gli arrivi in massa di cittadini in alcune feste rituali per esibirsi e viversi emozioni etnologiche di basso consumo, senza accorgersi - oltre che della propria maleducazione - di inquinare i caratteri originari della festa ed espropriare gli "indigeni" di un proprio diritto a viversi eventi che rinsaldano l'identità della propria comunità. In alcune zone del sud si assiste ad un rinato interesse di massa per le proprie radici, l'entusiasmo però spesso non è sorretto dalla conoscenza delle stesse, ma da una vaga imitazione di presunte forme espressive dei padri. Tale complessità di situazioni fra bisogno d'identità e di radici e spinte indotte da una società del consumo, del protagonismo e dello spettacolo crea ampi spazi per un'indagine antropologica a tutto campo su vecchi e nuovi contesti riferibili alla danza di tradizione in Italia.
Ma la nostra preoccupazione, di coloro cioè che hanno dato vita all'Associazione Culturale Taranta nel 1987 o di coloro che in seguito hanno aderito allo spirito fondativo dell'esperienza, è rivolta soprattutto allo stato di conservazione e di evoluzione radicata della pratica del ballo etnico ed allo stato di conoscenza dei contesti socio-culturali, convinti che la tutela delle fonti della cultura etnocoreutica è un dovere dell'interà comunità nazionale; è verso le forme realmente autentiche della tradizione che va la nostra principale sollecitudine documentaria e cognitiva.
E' mancata sinora da parte delle istituzioni una scelta culturale forte: contribuire ad avviare un censimento a tappeto su tutto il territorio nazionale con documentazione audiovisiva idonea, catalogazione e produzione di studi a tutela dei balli stessi e dei contesti d'origine. Il rischio di estinzione o di radicale alterazione del patrimonio etnocoreutico ed etnomusicale è sotto gli occhi di tutti. Con lo scomparire inesorabile degli anziani svanisce un mondo, una cultura; Il dovere che sentiamo è di raccoglierne le tracce, comprenderle e vivificarle - quando è possibile - nei luoghi originari.
Il "documento" come filosofia culturale: importanza della ricerca sul campo e delle fonti.
Per costituire l'etnocoreologia, una nuova branca scientifica degli studi demo-etno-antropologici, c'è bisogno di raccogliere innanzitutto gli "oggetti" dello studio, cioè le fonti documentarie di un fenomeno effimero e polivalente come la danza tradizionale. Ma sulla strada della ricerca si è giunti all'inevitabile bivio: attendere che siano appositi istituti accademici a formare i ricercatori o raccogliere urgentemente le testimonianze per preservarne la memoria e permetterne lo studio? L'etnocoreologia italiana ha seguito sinora questa seconda strada: l'autoformazione e le impostazioni soggettive e disparate d'intervento: c'è chi ha fatto dei sopralluoghi occasionali, quasi da turismo domenicale, chi approfondendo un particolare repertorio di un'area ristretta e chi infine per campionatura a tappeto su larga scala, con approfondimenti ulteriori.
La ricerca sul campo, comunque, diventa la pietra basilare per conoscere la danza popolare.
Il centro che da più tempo, con maggior perseveranza, con metodi scientifici e su scala nazionale sta documentando le tradizioni autentiche del ballo etnico in Italia è l'Associazione Taranta di Firenze. Il suo Archivio di Documentazione Etnocoreutica, fondato da Giuseppe Michele Gala e per il quale hanno collaborato vari studiosi (Dante Priore, Tamara Biagi, Marialba Russo, Gualtiero Gori, Renato Lombardi, Tiziana Miniati, Paolo Mazzocco, Massimiliano Morabito, ecc.), rappresenta oggi la più grande raccolta di documenti sul ballo etnico in Italia, acquisiti per campionatura e per indagine specialistica approfondita:
[Testi del direttivo dell'Ass. Taranta]
NOTE 1 Il fenomeno del cosiddetto "folk revival" tende però ancora oggi ad avere predilezioni esterofile, soprattutto nell'Italia centro-settentrionale.