Cos'è il tarantismo
Tarantismo
di Eugenio Imbriani
1. L’attualità del tarantismo
Come è ampiamente noto, negli ultimi anni la curiosità e l’interesse verso il fenomeno del tarantismo sono enormemente cresciuti; la bibliografia, aggiornata a maggio del 2006, curata da Gabriele Mina e Sergio Torsello, delle pubblicazioni relative all’argomento, a partire dal 1945, conta circa mille titoli, in buona parte concentrati nell’ultimo decennio o poco più (Mina, Torsello 2006; tutt’altro che irrilevante è, a questo proposito, la comparsa dell’attesa edizione in inglese della Terra del rimorso, cfr. De Martino 2005). A questa esplosione editoriale, che comprende, oltre a scritti originali e alla riedizione di opere antiche e di una messe di interventi e articoli e documenti per lo più poco noti, se non del tutto sconosciuti, anche una intensa produzione audiovisiva, si accompagna, inoltre, l’organizzazione di convegni, mostre, conferenze, spettacoli, concerti che hanno luogo elettivamente nel Salento (in realtà, l’interesse e il coinvolgimento è molto forte anche fuori dai confini pugliesi), particolarmente nei mesi estivi. Probabilmente il prodotto più importante di questo movimento, per il richiamo che esercita, per la visibilità che si è conquistato, per ciò che rappresenta in termini di promozione del territorio è la “Notte della taranta”, manifestazione che nell’arco di due settimane dà vita a una serie di concerti affidati a gruppi di musica popolare, non solo locali, in una decina di località della provincia di Lecce e si chiude con il concertone finale di Melpignano, meta di decine di migliaia di appassionati, diretto da un maestro la cui formazione può essere anche molto distante dalla musica popolare e al quale partecipano artisti di grande richiamo (nel passato Zawinul, Copeland, De Gregori, Dalla, Battiato, Nannini, e altri) insieme a una selezione di conoscitori ed esecutori di musica di tradizione locale. Il nome stesso della manifestazione rinvia esplicitamente alla figura del ragno che per secoli ha tormentato i corpi e la mente delle vittime del suo morso e il cervello di medici e studiosi che si interrogavano sulla stranezza del caso: gli effetti di quel veleno possono essere controllati attraverso una terapia coreutica e musicale che assume, nel corso della storia e a seconda dei luoghi in cui viene praticata, forme diverse, seppure all’interno di un’unità rituale chiaramente riconoscibile. Si è molto discusso sull’uso e sulla natura della musica e della danza; non ogni musica può risvegliare (scazzicare) la vittima, questo dipende dal temperamento dell’animale che ha morso, ma è anche vero che i repertori usati nel corso del rito di guarigione, che poteva durare per giorni, erano molto vari, nel ritmo, nelle melodie, nei testi. Sappiamo, peraltro, che una persona può diventare tarantata in seguito a un incontro con una serpe, essendone rimasta “incantata”, oppure con altri animali, tanto che a lungo nei trattati di medicina troviamo discettazioni su quale sia realmente l’animale chiamato tarantola. A quanto pare, comunque, in modo ricorrente troviamo l’esecuzione della tarantella: ne fa apertamente fede, per esempio, il medico Epifanio Ferdinando (1621), nominando anche una serie di varianti, ma alcuni lustri dopo i padri Nicolello e Galliberto, inviati da Atanasius Kircher per osservare direttamente il fenomeno, rileveranno degli antidoti musicali che poco o nulla hanno a che fare con quella danza (Cosi 1999). Oggi si ritiene comunemente che la pìzzica pìzzica, la tarantella locale, sia il ballo di guarigione, per antonomasia, usato nel tarantismo, ne viene enfatizzata la funzione liberatoria (Gala 2006) e la “Notte della taranta” è divenuto il luogo del suo trionfo.