La musica di tradizione
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Ignazio Macchiarella - Sulla vocalità tradizionale in Italia: discografia essenziale
Avviata solo dopo il 1948 con la nascita del CNSMP (Centro Nazionale di Studi di Musica Popolare; oggi Archivi di Etnomusicologia dell’Accademia di Santa Cecilia) — in ritardo di quasi mezzo secolo sul resto d’Europa — l’attività di registrazione sonora del patrimonio di canti e musiche di tradizione orale diffusi sul territorio italiano ha avuto un notevole sviluppo a partire dalla metà degli anni Cinquanta. A Giorgio Nataletti (Roma 1907-1972) funzionario dell’Eiar (l’antenata della Rai) viene solitamente attribuito il merito di aver effettuato le prime registrazioni “sul campo” mentre, "si deve a Diego Carpitella e Roberto Leydi" il merito di avere sviluppato la disciplina "e di avere incoraggiato l’etnomusicogia italiana a occuparsi, come loro stesi hanno fatto della musica delle differenti regioni del loro paese" (Nattiez 2002:686)
Grosso modo fino alla fine degli anni Ottanta l’attività di ricerca è stata condotta massimamente con l’obbiettivo documentario, con il fine, cioè, di raccogliere sul campo quanto più materiale possibile — un po’ alla maniera della “etnomusicologia urgente” internazionale, la corrente sviluppatasi subito dopo la seconda guerra mondiale che invitava a registrare e descrivere il prima possibile le culture tradizionali con il timore che esse stessero per sparire con il progresso tecnologico. "La ricerca sistematica [...] [all’inizio] coincise, anche con lo svilupparsi in Italia della “questione meridionale” e con quello dello studio simpatetico della cultura tradizionale del Sud che l’ala migliore dell’intellettualità progressista italiana iniziò anche a seguito della pubblicazione del Cristo si è fermato ad Eboli di Carlo Levi (1945) Già le prime ricerche del Centro (raccolte 1-17, 1948-52) riguardarono prevalentemente aree e tematiche del folklore musicale meridionale: i repertori degli zingari di Abruzzo e Molise (raccolta 3) delle comunità contadine del Lazio (raccolte 2, 5, 9, 12 e 16) della Campania (raccolta 6), della Sardegna (raccolte 13,14 e 15) e della Sicilia (raccolte 1 e 17)" (Giannattasio 1992: 67).